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SINDROME DEL COLON IRRITABILE

La sindrome del colon irritabile è definita sindrome e non patologia in quanto è descritta come un insieme di sintomi senza un apparente causa organica. Oggi vi parliamo di come si arriva alla diagnosi e di quali sono le caratteristiche di una dieta per la sindrome del colon irritabile.

La diagnosi infatti viene spesso fatta per esclusione di altre patologie. Il primo step nella diagnosi è infatti l’esclusione di patologie a causa organica in seguito ad approfondite analisi come gastroscopia, colonscopia, test di allergie alimentari ed analisi di laboratorio. Una volta appurato che non vi sia nessuna patologia organica i sintomi possono permettere la diagnosi. Abbiamo già parlato del percorso difficile che può può portare alla diagnosi e degli specialisti che si possono incontrare in questo articolo. Ad oggi per la diagnosi si attribuisce maggiore rilevanza alle alterazioni della consistenza e della forma delle feci. Sulla base di questi parametri si riscontrano tre varianti della sindrome:

  • IBS ad alvo stitico (IBS-C);

  • IBS ad alvo diarroico (IBS-D);

  • IBS caratterizzata da un’alternanza di alvo stitico e diarroico (IBS-M).

In realtà vi sono delle situazioni borderline che non sono definite come sindrome del colon irritabile in quanto non è presente un’alterazione dell’alvo e della consistenza delle feci ma solo un forte gonfiore addominale, però frequentemente le persone affette da questa sintomatologia traggono forti benefici da approcci alimentari dedicati alla sindrome del colon irritabile.

Qual è la causa di questi sintomi?

La ricerca ha messo in luce che i maggiori responsabili di questa sindrome sono i batteri che colonizzano il nostro intestino: normalmente funzionano bene e sono essenziali ed ottimi alleati del nostro benessere; quando invece si instaura una disbiosi possono creare dei danni. Molto spesso infatti nella sindrome del colon irritabile si genera un’iper-fermentazione. La fermentazione è il processo biochimico tramite il quale i batteri utilizzano le fibre che noi ingeriamo con l’alimentazione al fine di nutrirsi e come prodotto finale di questa via biochimica vi è la formazione di gas. Nella sindrome del colon irritabile pare che vi sia un estremo ed eccessivo meccanismo di fermentazione che causa un iper-produzione di gas intestinali. Questi gas causano a loro volta distensione della parete addominale che spesso si ripercuote in dolore e distensione addominale. Questa situazione può portare a sua volta ad un rallentamento del transito intestinale che causerà quindi stitichezza o ad un richiamo di liquidi nel lume intestinale che porteranno a feci liquide o poco compatte.

Come si struttura una dieta per la sindrome del colon irritabile?

Bisogna agire su un doppio fronte. Da una parte bisogna lavorare sulla causa. Abbiamo detto che la causa è la disbiosi intestinale, quindi bisogna integrare con classi specifiche di probiotici che potranno ricolonizzare il colon andando a riequilibrare la flora intestinale. Dall’altra parte bisogna agire sul sintomo. Abbiamo parlato di iper-fermentazione della fibra da parte di questi batteri quindi la risposta è una dieta Low FODMAP.

La dieta Low FODMAP nasce in modo specifico per la sindrome del colon irrritabile ed è stata ideata dall’università australiana Monash University. Questa dieta ha notevolmente cambiato il modo di approcciarsi a questa patologia. Prima di questa scoperta il gastroenterologo, una volta diagnosticata la sindrome, nel più dei casi prescriveva un antispastico intestinale o loperamide o dei clisteri per poter andare in bagno. Ovviamente questi farmaci danno un beneficio molto limitato, dal momento che agiscono solo sul sintomo in modo anche limitato, e per di più non migliorano lo stato intestinale in quanto ne alterano ancora di più la fisiologia.

La dieta Low FODMAP invece è in grado di ridurre ed in molti casi eradicare la sintomatologia rispettando quella che è la fisiologia dell’ambiente intestinale. A livello pratico FODMAP è un acronimo utilizzato per descrivere carboidrati a corta catena (Fermentable, Oligo-, Di-, Mono-saccharides And Polyols), scarsamente assorbiti, che possono provocare un eccessivo accumulo di fluidi e gas a livello intestinale. Tra questi carboidrati possiamo annoverare lattosio, fruttosio, fruttani (anche noti come inulina), galatto-oligosaccaridi e polioli (come sorbitolo, mannitolo, xilitolo e maltitolo), i quali sono presenti in un’ampia gamma di alimenti. Tutti questi zuccheri sono scarsamente assorbiti dalla mucosa intestinale e creano un gradiente di concentrazione che causa il richiamo di acqua all’interno del lumen. Inoltre, alcuni di questi carboidrati favoriscono una spropositata crescita batterica, che è a sua volta responsabile dell’accumulo di gas intestinali. Questi due fenomeni, accumulo di acqua e gas intestinali, possono almeno parzialmente spiegare i tre principali sintomi della sindrome del colon irritabile: feci non composte, meteorismo e dolore addominale.

Dove possiamo trovare i FODMAP?

In una dieta per la sindrome del colon irritabile dobbiamo eliminare tutti i FODMAP: vediamo in quali alimenti si trovano. I fruttani sono presenti in molti cereali ma anche in aglio e cipolla. Cibi particolarmente ricchi in GOS invece sono i legumi. La frutta è la più ricca in fruttosio così come i latticini in lattosio. I polioli invece sono la classe più eterogenea e possiamo trovarli in alcuni tipi di frutta con nocciolo ma anche nei funghi ed in molti dolcificanti. Seguire una dieta di questo tipo senza il supporto di un nutrizionista è molto difficoltoso, perché il problema di questi alimenti non è solo nella loro natura ma anche nella quantità che possiamo assumere quotidianamente e negli abbinamenti che possiamo fare. Infatti, diversi alimenti possono contenere quantità differenti dello stesso FODMAP: è importante non superare certi livelli soglia a cui si potrebbe essere sensibili. Inoltre, una dieta di questo genere può esporre al rischio di carenze nutrizionali e al rischio di seguire una dieta fortemente sbilanciata, e quindi non risolutiva ma anzi peggiorativa della situazione. Infine, questo percorso prevede un graduale reinserimento di questi alimenti in quanto è fondamentale capire che non vi è nessun tipo di allergia o intolleranza ma semplicemente una disbiosi che non permette di utilizzare al meglio questi nutrienti. L’obiettivo di questo approccio è quello di reintrodurre tutti gli alimenti tranne quelli contenenti i FODMAP a cui si è sensibili e lavorare gradualmente su quelli, tramite reintroduzioni temporizzate e trattamenti probiotici mirati.

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